AMERICA/VENEZUELA - I Vescovi sollecitano le vaccinazioni: "Non si può aspettare ancora, l'essere umano è al di sopra delle diatribe politiche"

Fides IT - www.fides.org - ven, 09/04/2021 - 11:38
Caracas – “Motivati dal nostro ministero pastorale a favore del popolo di Dio, facciamo eco al suo grido sulla necessità di risolvere al più presto possibile il tema della vaccinazione contro il Covid 19. E’ una urgenza che deve essere inquadrata nell’appello a praticare il comandamento dell’amore fraterno, che ci ha lasciato il Signore Gesù”. Con queste parole la Presidenza della Conferenza Episcopale Venezuelana ha pubblicato una dichiarazione sottolineando l'urgenza della vaccinazione contro il Covid-19 senza preclusioni di alcun tipo, e la convocazione delle diverse realtà coinvolte nel campo sanitario e sociale.
Nella dichiarazione, pervenuta a Fides, i Vescovi lamentano che purtroppo è aumentato il numero dei contagiati e dei morti, e questo ha creato ancora maggiore angoscia nella popolazione, soprattutto nei più vulnerabili, per questo ribadiscono che "le persone hanno il diritto di essere debitamente curate, sia nella fase della prevenzione che nelle cure mediche necessarie".
Quindi si rivolgono all’Esecutivo nazionale, alle autorità sanitarie, a tutte le istanze pubbliche e private, perché “pensando al bene della popolazione di cui sono a servizio”, cerchino un accordo che consenta di avere i migliori vaccini da somministrare a tutta la popolazione, senza esclusioni né discriminazioni. "Non si può aspettare ancora. L'essere umano è al di sopra delle diatribe politiche, perché la vita di ogni persona è degna e sacra".
Il comunicato della Presidenza della CEV chiede alle nazioni e agli organismi multilaterali impegnati nella distribuzione dei vaccini, di collaborare con il popolo venezuelano, e all’Esecutivo nazionale di convocare i rappresentanti di tutte le realtà che operano nel settore sanitario e sociale, senza fare scelte partitiche o ideologiche, al fine di fare fronte comune per assicurare la vaccinazione di tutta la popolazione senza condizioni di alcun tipo. Infine reitera l’invito a tutti a seguire le direttive per la biosicurezza.
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AFRICA/GUINEA BISSAU - Morto per Covid il Vescovo di Bafatà: il primo Vescovo missionario brasiliano di un territorio di missione fuori del Brasile

Fides IT - www.fides.org - ven, 09/04/2021 - 11:01
Bissau – “Oggi è urgente ricostruire la persona, il cuore delle persone, perché la gente soffre psicologicamente e spiritualmente, oltre che per la povertà. Occorre promuovere la riconciliazione e la pace. Bafatà poi è una regione abitata da moltissimi musulmani, quindi è necessario il dialogo per lavorare insieme”. Così in un’intervista all’Agenzia Fides Sua Ecc. Mons. José Pedro Carlos Zilli, Vescovo di Bafatà, nella Guinea Bissau, descriveva la situazione nella nuova diocesi al momento di assumere l'incarico di primo Vescovo. Mons. Zilli, 67 anni, è venuto a mancare lo scorso 31 marzo, stroncato dal Covid-19 nell'ospedale di Cumura, alla periferia di Bissau, dove era ricoverato da due settimane.
Mons. Zilli era missionario del PIME e prima della nomina a Vescovo di Bafatà aveva già trascorso 14 anni in Guinea Bissau ricoprendo diversi incarichi tra cui vicario parrocchiale a Bafatà e superiore regionale del suo istituto. Nato nel 1954 nello stato di San Paolo , padre Zilli è stato il primo missionario brasiliano nominato Ordinario di un territorio di missione fuori del Brasile.
Nell’intervista a Fides, Mons. Zilli, aveva ricordato la sua precedente esperienza di missionario nel Paese africano, facendo particolare riferimento ai rapporti con i musulmani: “Durante la mia permanenza c’era un rapporto di amicizia molto bello: avevamo un cuoco musulmano che lavorava per noi ed era una persona squisita, attraverso di lui ho imparato a conoscere ed amare i musulmani. Comunque anche i musulmani vogliono bene ai missionari: soprattutto con la guerra hanno visto che la Chiesa ama le persone, senza fare alcuna distinzione. In generale il rapporto è buono: non ci sono estremismi come in altri posti. Abbiamo già lavorato insieme per alcuni progetti sociali, nelle scuole, sia pure allo stato iniziale. Qualcuno dei missionari ha avuto un rapporto più profondo, soprattutto nel campo medico”.
Mons. Zilli aveva poi preannunciato quali erano le sue priorità pastorali come primo Vescovo della nuova diocesi. “I cristiani sono pochi e devono essere educati a dare la loro testimonianza senza paura, ma con gioia… Al primo posto della mia agenda di lavoro metto l’evangelizzazione, quindi il lavoro per le vocazioni, la famiglia, l’impegno nel sociale, il dialogo, l’inculturazione, e molte altre cose che verranno…”.
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ASIA/MYANMAR - Raid militari in chiese e templi: l'esercito viola la libertà religiosa

Fides IT - www.fides.org - ven, 09/04/2021 - 10:12
Yangon - Chiese cristiane e templi buddisti subiscono continui raid militari e violente perquisizioni dell'esercito birmano, in cerca di attivisti nascosti o presunte attività illegali. Come confermano fonti di Fides, nei giorni scorsi l'esercito ha fatto irruzione in numerose chiese cristiane di tutte le confessioni nello Stato di Kachin, sostenendo che era in corso un'attività sovversiva. I militari hanno perquisito le chiese cristiane battiste, cattoliche a anglicane nella città di Mohnyin. I raid riguardano anche monasteri e templi buddisti in tutta la nazione.
“Queste incursioni sono deplorevoli e sono patenti violazioni della libertà religiosa. I siti religiosi sono sacri. Tutta la popolazione stigmatizza ed è scandalizzata dal fatto che si penetri con le armi in pugno in un luogo sacri, Chiese e monasteri buddisti vengono regolarmente perquisiti con violenza. Sono gravi atti intimidatori dell'esercito che stanno generando sempre maggiore marezza e ostilità nella popolazione birmana di tutte le etnie e religioni", nota la fonte di Fides. "I militari individuano i giovani e i leader della protesta sui social media e poi lanciano ogni giorno operazioni notturne per arrestarli", racconta.
“I soldati hanno hanno scavalcato le recinzioni e sono entrati in ogni edificio del complesso, senza alcuna giustificazione e hanno perquisito tutti gli spazi”, ha riferito il Reverendo Awng Seng della Kachin Baptist Convention , raccontando, ancora scosso, quanto avvenuto nello stato Kachin. I soldati sospettavano che un leader della protesta fosse nascosto all'interno del complesso e che i leader religiosi stessero partecipando alle proteste e alle iniziative contro il regime. Le forze di sicurezza non hanno trovato nulla di illegale in tutte le chiese perquisite.
“È inaccettabile compiere questi raid in un sito religioso cristiano con personale armato che agisce come se stesse conducendo un'operazione militare. Lo condanniamo fermamente. Se l'esercito agisce in questo modo nel luoghi sacri, non possiamo immaginare come si comporti nelle case private delle persone", ha rimarcato il Rev. Awng Seng, riferendo che sono stati perquisiti anche il Kachin Theological Collegee l'annesso Seminario cristiano battista nella capitale dello Stato di Kachin, Myitkyina.
La Kachin Baptist Convention che, con oltre 400.000 membri e 429 chiese, svolge un ruolo di primo piano nello stato Kachin, ha ricordato che "le comunità religiose cristiane, buddiste, indù, musulmane predicano la verità e la giustizia" affermando che "tali raid violenti e intimidatori sono spaventosi". La KBC ha dichiarato di opporsi al regime militare e ha tenuto quotidianamente liturgie di preghiera per la pace e la giustizia, chiedendo una democrazia federale, l'uguaglianza, il rispetto della libertà e dei diritti umani..
Nei giorni scorsi le forze di sicurezza hanno fatto irruzione anche una chiesa Battista a Lashio, nello Stato settentrionale di Shan, arrestando per due giorni 10 leader religiosi e il personale residente , esplodendo colpi di arma da fuoco all'interno della chiesa mentre cercavano manifestanti anti-regime.
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AMERICA/GUATEMALA - Centenario dell’arcidiocesi di Los Altos: “Evangelizzare, formare discepoli, testimoniare è stato, è e sarà il nostro impegno”

Fides IT - www.fides.org - ven, 09/04/2021 - 09:41
Los Altos – “Il 27 luglio 2021 celebreremo il primo centenario della creazione della diocesi di Los Altos. Questo avvenimento suscita due atteggiamenti. Da una parte il ringraziamento a Dio perché ci consente di essere membri della sua Chiesa in questa arcidiocesi, dall’altra la preghiera di supplica perchè la sua grazia ci guidi negli anni futuri”. Lo scrive l’Arcivescovo di Los Altos, Quelzaltenango-Totonicapan, Mons. Mario Alberto Molina Palma, OAR, nella sua Lettera pastorale al popolo di Dio, che porta la data del Giovedì Santo, 1 aprile 2021.
L’Arcivescovo fa memoria dei Vescovi che si sono succeduti in questa diocesi, dal 1996 arcidiocesi da cui si sono originate altre cinque diocesi, dei sacerdoti locali e stranieri, secolari e religiosi, in particolare di quanti durante gli anni difficili della riorganizzazione e della violenza del conflitto armato, “servirono e guidarono il popolo di Dio in questa terra”. Ringrazia poi le innumerevoli religiose, che nei diversi campi dell’educazione, della salute, della cura degli anziani, della formazione catechistica e della promozione sociale “hanno collaborato nell’impegno dell’evangelizzazione”. Un ringraziamento speciale poi ai laici, “che in tutte le epoche hanno offerto il loro tempo, il loro ingegno, i loro sacrifici personali per collaborare con i Pastori, sostituendoli e rappresentandoli nella guida e nel coordinamento delle comunità, nella catechesi e nell’evangelizzazione”.
Per il centenario sarà pubblicato uno studio accademico sulla storia della diocesi, dal momento che si hanno poche notizie al riguardo. E’ stato comunque preparato del materiale divulgativo, a carettere teologico e storico, per organizzare conferenze, video clips, programmi radiofonici e televisivi, al fine di preparare questo evento riflettendo sulla natura della Chiesa e della fede cristiana.
Nella sua Lettera pastorale l’Arcivescovo invita a rendere grazie a Dio, “Signore della Chiesa e del tempo… per la fede che abbiamo conosciuto e ricevuto… per il servizio e il ministero delle persone che sono state strumento nelle sue mani perchè attraverso di loro ci arrivasse la fede e si realizzassero tante opera di evangelizzazione, di catechesis e di carità”.
Mons. Molina invita quindi tutte le comunità sabato 24, domenica 25 e lunedì 26 luglio, ad offrire la Messa in ringraziamento per il cammino fatto durante questi cento anni. Martedì 27 luglio, giorno anniversario, la Messa sarà celebrata per la Chiesa locale, usando letture bibliche proprie. Purtroppo, lamenta l’Arcivescovo, la situazione sanitaria impedisce una celebrazione comunitaria di tutta l’Arcidiocesi, con la partecipazione di sacerdoti, religiosi e laici di tutte le comunità, ma spera che si possa realizzare in futuro.
Nella seconda parte della Lettera, Mons. Molina invita a guardare con speranza al futuro, tracciando un ampio quadro della situazione attuale e indicando alcune scelte pastorali da compiere. Infine l’Arcivescovo ricorda che “Evangelizzare, formare discepoli, vivere come Chiesa di Gesù Cristo, dare testimonianza al mondo della nostra speranza, è stato, è e sarà il nostro impegno. Senza dubbio Dio suscita pensieri, ispira decisioni, dinamizza le opere. Ognuno di noi apporta pensieri, decisioni e opera che in coscienza ritiene possano contribuire all’annuncio del Vangelo, all’edificazione della Chiesa e alla formazione dei fedeli fino al raggiungimento dell’obiettivo finale, che è la vita di santità in Dio”.
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ASIA/INDONESIA - “Tutto è possibile per chi crede”: un missionario Camilliano dall’isola colpita dal ciclone Seroja

Fides IT - www.fides.org - ven, 09/04/2021 - 09:02
Maumere - “Qui nella nostra città e diocesi di Maumere non siamo stati toccati dal terribile ciclone tropicale Seroja che invece ha colpito in modo disastroso la diocesi di Larantuka e alcune sue isole, in particolare quelle di Adonara e Lembata distanti circa 150 Km da noi”, scrive all’Agenzia Fides padre Luigi Galvani missionario Camilliano sull’isola di Flores. “Le due isole, che ho visitato alcune volte per la promozione vocazionale - continua il missionario - sono molto povere, ma hanno una loro ricchezza particolare: sono in maggioranza cattoliche e ciò favorisce sicuramente il nascere di molte vocazioni religiose e sacerdotali.”
“Dalle notizie che abbiamo ricevuto, il potente ciclone ha colpito non solo Flores ma anche alcune zone dell'isola di Timor a Malacca, diocesi di Atambua e a Kupang. A tutt'oggi lì, per esempio, la popolazione è ancora carente di elettricità. In mezzo a tanti disagi e sofferenze per migliaia di persone, stiamo vedendo una gara di solidarietà specialmente da parte di organizzazioni religiose cattoliche della Caritas Indonesiana. Le isole di Flores e Timor sono le due a maggioranza cattolica di tutta l'Indonesia e notare che la Chiesa Cattolica si sta mobilitando con molta generosità per venire incontro ai bisogni di quelle popolazioni è commovente.”
Come racconta padre Galvani “anche noi Camilliani, nel nostro piccolo, abbiamo inviato due giovani studenti a visitare le isole di Adonara e Lembata per valutare la situazione e classificare le necessità più urgenti. I bisogni sono molti, ma ci hanno riferito che cibo, acqua e sostegno psicologico sarebbero le priorità. In concreto, con l'aiuto di alcuni benefattori locali, abbiamo già inviato 3 tonnellate di riso, 300 pacchi di noodles e migliaia di vitamine. Tutto ciò coordinato con la Caritas della diocesi di Larantuka. Sicuramente non ci fermeremo nell'impegno di promuovere ulteriori iniziative di sostegno magari con l'arrivo di altri aiuti provvidenziali esterni per essere vicini a quella gente che, già provata dalla povertà ordinaria, ora ne ha un'altra maggiore da superare. Sicuramente non sarà facile, ma tutto è possibile a chi crede”, sottolinea il missionario.
“Circa la situazione del Covid 19, - conclude p. Luigi - qui nella nostra isola, fortunatamente, i contagi sono limitati. Però le difficoltà non mancano per tanta gente che ha perso il lavoro. Ogni mese provvediamo alla distribuzione di pacchi alimentari a un paio di centinaia di famiglie particolarmente bisognose”.
Stando alle statistiche ufficiali, il ciclone ha fatto registrare almeno 165 morti in Indonesia e 37 a Timor Est, mentre più di 55 sono i dispersi. L'Agenzia indonesiana per la gestione dei disastri si è attivata per cercare tra le montagne di detriti i corpi e i possibili sopravvissuti.

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ASIA/INDONESIA - Inondazioni in Indonesia orientale: al via la campagna di compassione e solidarietà

Fides IT - www.fides.org - jeu, 08/04/2021 - 12:49
Giacarta - E' un tempo di Pasqua segnato da sofferenza e disagio quello che vivono le comunità cristiane indonesiane nella provincia indonesiana di Nusa Tenggara orientale, dove si registra una forte presenza cristiana, in alcuni territori perfino maggioritaria, con l'isola di Flores, chiamato "cuore cattolico dell'Indonesia". I residenti sono stati investiti dal violento ciclone tropicale Seroja, che ha colpito e devastato con piogge, frane e inondazioni. Come riferito a Fides, nelle zone dove si è abbattuto il ciclone , fin dal Giovedì Santo molti fedeli non sono stati in grado di partecipare ai riti pasquali e hanno vissuto una Pasqua da sfollati, nella sofferenza per aver perso i loro cari o le loro abitazioni e proprietà. Le piogge battenti, figlie di intensi sistemi perturbati che scaricano ingenti quantità di precipitazioni, "hanno provocato numerose e gravi inondazioni, simili a tsunami che hanno invaso gran parte dell'isola", dice all'Agenzia Fides una fonte cattolica nell'isola di Flores.
Mentre si aggrava il bilancio delle vittime e degli sfollati , le istituzioni civili hanno organizzato la rete dei soccorsi mentre la Chiesa indonesiana, con la Caritas in prima ha lanciato un appello solidarietà ceìì avviato una raccolta fondi per venire incontro alle necessità delle comunità colpite.
Il Cardinale Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, Arcivescovo di Jakarta e presidente della Conferenza Episcoaple d'Indonesia, in un videomessaggio ha invitato i cattolici a "mostrare compassione verso le vittime delle inondazioni" che hanno colpito la provincia a maggioranza cattolica di Nusa Tenggara orientale. Le donazioni e aiuti possono essere inviati agli enti di beneficenza dei vescovi come la Caritas Indonesia e la Commissione per lo sviluppo socio-economico. "La compassione è una materializzazione della nostra fede" e "può essere una benedizione per i nostri fratelli e sorelle", ha rimarcato.
Nel videomessaggio è intervenuto anche mons. Aloysius Sudarso, Arcivescovo di Palembang, Presidente di Caritas Indonesia, conosciuto localmente come "Karuna", ricordando che "la Chiesa cattolica in Indonesia non resterà in silenzio. La nostra cura verso tutti coloro che soffrono è davvero una forma concreta della nostra fede. Abbiamo appena celebrato la Pasqua, prova del coinvolgimento di Dio, attraverso Gesù, nella vita umana”, ha detto. La Caritas ha ricevuto già oltre un miliardo di rupie che saranno impiegati in programmi di riabilitazione per i profughi.
Una speciale attenzione sarà data ai circa 100.000 bambini di tre distretti che hanno visto le lezioni e subito gli esami scolastici sospesi a causa delle inondazioni. Le scuole rimangono chiuse, a causa della pandemia Covid-19, da oltre un anno, con lezioni ed esami tenuti online. I danni alle infrastrutture e alle abitazioni private rendono ora impossibile la didattica a distanza. Programmi educativi sono inseriti tra le priorità per far sì che i bambini e giovani possano continuare a riceve l'istruzione.
Papa Francesco, nell'Angelus di mercoledì 7 aprile, ha espresso la sua vicinanza dicendo: "Desidero assicurare il mio ricordo nella preghiera per le vittime delle inondazioni che nei giorni scorsi hanno colpito l'Indonesia e Timor Est. Il Signore accolga i defunti, conforti i familiari e sostenga quanti hanno perso la loro abitazione.
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AFRICA/MOZAMBICO - Palma, “città fantasma”, ripresa dall’esercito ai jihadisti

Fides IT - www.fides.org - jeu, 08/04/2021 - 12:11
Maputo – “Una città fantasma”. Così descrivono gli sfollati fuggiti da Palma, la città di 50.000 abitanti nel nord del Mozambico, attaccata il 24 marzo da un gruppo di jihadisti . Secondo l'UNHCR, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, sono almeno 11.000 le persone fuggite dalla zona di Palma, e altre migliaia sarebbero rimaste intrappolate all'interno dell'area.
P. António Chamboco che da circa un anno è parroco a Palma, e che non si trovava in città quando è iniziato l’attacco, si è detto particolarmente preoccupato per la mancanza di informazioni su dove si trovino i suoi parrocchiani, anche perché le comunicazioni telefoniche e telematiche sono ancora interrotte.
La diocesi cattolica di Pemba si è mobilitata per aiutare gli sfollati di Palma che hanno trovato rifugio nell’area.
Secondo l’UNHCR i civili in fuga da Palma sono arrivati a Pemba, Nangade, Mueda e Montepuez a piedi, e in barca dal 24 marzo, all'indomani dell'attacco. I voli umanitari che inizialmente hanno contribuito all'evacuazione di centinaia sono stati sospesi in attesa di ulteriore autorizzazione da parte delle autorità.
L’agenzia ONU per i rifugiati riferisce inoltre di aver ricevuto informazioni sul fatto che almeno mille persone in fuga dal Mozambico e che cercavano di entrare in Tanzania non è stato permesso di attraversare il confine per chiedere asilo. “Stiamo cercando di avere informazioni su a questi rapporti L'UNHCR chiede ai vicini del Mozambico di fornire accesso al loro territorio e di avviare le procedure di asilo per coloro che sfuggono alla violenza e cercano protezione” recita un comunicato.
Gli ultimi tre anni violenze nel nord del Mozambico hanno causato quasi 700.000 sfollati interni la maggior parte durante l'ultimo anno. I funzionari dell'UNHCR avvertono che questo numero potrebbe superare la soglia del milione entro giugno di quest'anno se la violenza in corso non si ferma.
L’esercito mozambicano ha annunciato di aver ripreso il controllo della città e che una parte della popolazione sarebbe di ritorno nelle proprie case, in quella che rimane comunque un’area militarizzata.
Nel frattempo è stata annunciata nei prossimi giorni una riunione dei leader dell'Africa meridionale nella capitale del Mozambico, Maputo, per cercare di elaborare piani per contrastare la crescente minaccia del terrorismo in tutta la regione.
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AMERICA/VENEZUELA - Il percorso della seconda Assemblea pastorale nazionale: “Una parrocchia missionaria in uscita per i nuovi tempi”

Fides IT - www.fides.org - jeu, 08/04/2021 - 11:51
Caracas - La Conferenza Episcopale Venezuelana ha presentato in un programma trasmesso in diretta attraverso il suo canale Youtube, il percorso della II Assemblea Pastorale Nazionale . Diversi contributi hanno delineato le fasi che compongono questo cammino sinodale in cui si rifletterà sul tema dell'Assemblea: "Una parrocchia missionaria in uscita per i nuovi tempi". La prima ANP si svolse nel novembre 2015 , e questa seconda Assemblea ha avuto inizio nel 2019, con le assemblee parrocchiali e diocesane .
Secondo la nota della CEV pervenuta a Fides, il percorso consiste in un itinerario metodologico a carattere sinodale, che cerca la partecipazione di tutti i membri della Chiesa in Venezuela, per riflettere, dialogare e promuovere l'impegno ad essere "una parrocchia missionaria, in uscita per i nuovi tempi", secondo il tema scelto.
La prima fase, “Accompagnare”, si articola in due momenti: l'ascolto, in cui vengono ricevuti i contributi di parrocchie, arcidiocesi e diocesi, e il dialogo, in cui si presentano i punti in comune del momento precedente, invitando a riflettere su di essi alla luce dei quattro criteri pastorali: Kerigma, Koinonía, Liturgia e Diaconia.
Nella seconda fase, “Fruttificare”, per quattro settimane si rifletterà sull’analisi elaborata dalla prima fase. La prima settimana, intitolata “Camminiano in Assemblea”, affronterà il tema dell'ANP prendendo spunto da vari documenti della Chiesa che si aggiungono alla riflessione. Durante la seconda settimana, "Non camminiamo da soli", sarà riaffermata l'importanza della comunione e della sinodalità per una Chiesa in uscita. La terza settimana, "Discernere ciò che viene da Dio", sarà uno spazio per approfondire la spiritualità della parrocchia missionaria, a partire dalla citazione biblica della Seconda ANP, "Andate a fare tutti miei discepoli" . Infine, nella quarta settimana "Spazi motivazionali e curativi", si deciderà ciò che deve essere lasciato indietro per continuare a camminare verso la Chiesa in comunione e in uscita per i nuovi tempi.
Nella terza fase, “Festeggiare”, saranno presentate le conclusioni della ANP in un evento che sarà trasmesso attraverso il canale televisivo Youtube della CEV. Infine la quarta fase, "Convertire", sarà la tappa per passare "dalla riflessione all'azione", cioè diffondere le conclusioni ottenute e tradurle in azioni concrete che generino il cambiamento pastorale della Chiesa in Venezuela verso una parrocchia missionaria in uscita per i tempi nuovi. “Si tratta - ha sottolineato Mons. Mariano Parra, Arcivescovo di Coro - di una fase cruciale per non rimanere nell'analisi, ma per generare la trasformazione pastorale che la Chiesa sogna e di cui parla Papa Francesco, una Chiesa che è un ospedale da campo, che raggiunge tutti, anche nelle periferie”.
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ASIA/TURCHIA - Monaco siro ortodosso condannato come “fiancheggiatore dei terroristi” per aver dato acqua e cibo a miliziani del PKK

Fides IT - www.fides.org - jeu, 08/04/2021 - 11:30
Mardin - La Corte penale di Mardin ha emesso una condanna a 25 mesi di carcere contro il monaco siro ortodosso Sefer Bileçen, riconoscendolo colpevole di complicità con organizzazioni e attività terroristiche. Il sacerdote, membro del Monastero di Mor Yakup a Nusaybin , era stato arrestato il 9 gennaio 2020 insieme ad altre due persone, con l’accusa di aver offerto aiuto e copertura a membri delle Forze di difesa del Popolo , ala militare del Partito dei Lavoratori del Kurdistan , bollato come organizzazione terroristica dal governo di Ankara.
L’atto d’accusa, basato soprattutto sui filmati raccolti per mezzo di droni utilizzati dai servizi di intelligence turchi per sorvegliare dall’alto la vita del Monastero, attribuiva al monaco la responsabilità di aver ricevuto in monastero miliziani dell’HPG per alcuni giorni, alla fine di settembre 2018. Il 16 gennaio 2020 al monaco era stato concesso di lasciare la prigione in attesa del processo, con l’obbligo di non allontanarsi dalla sua residenza.
Durante il processo, come riferito dall’Agenzia Fides, diverse testimonianze avevano confermato che la presunta “complicità” contestata dalle autorità turche al monaco siro ortodosso si era concretizzata nella semplice offerta di cibo e bevande a persone che dicevano di essere affamate e di avere sete. Anche un miliziano dell’HPG arrestato nel settembre 2019 dalle forze di sicurezza turche aveva confessato di aver visitato più volte il Monastero di Mor Yakup solo per mangiare, bere e rifocillarsi. Lo stesso monaco Sefer Bileçen, nella testimonianza resa nota attraverso i suoi avvocati, ha confermato di aver dato cibo e acqua ai miliziani come puro segno di accoglienza monastica, riservata a chiunque si trovi in stato di necessità, senza immaginare che le persone accolte fossero membri dell’HPG. “Darò cibo e acqua a chiunque venga alla mia porta” aveva detto padre Sefer durante la sua deposizione. “Devo farlo” aveva aggiunto “per le mie convinzioni spirituali e filosofiche. E non posso dire il falso, perché sono monaco e sacerdote”.
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AFRICA/SUDAN - Terza ondata di Covid-19: scuole chiuse nello Stato del Mar Rosso

Fides IT - www.fides.org - jeu, 08/04/2021 - 11:18
Port Sudan – “Nei prossimi tre mesi è previsto un aumento costante delle infezioni e dei decessi da COVID-19”. A lanciare l’allarme pochi giorni fa il ministro della Salute sudanese Omar El Najeeb. Per fronteggiare l’emergenza, come parte delle misure precauzionali per ridurre i contagi, il governatore dello Stato, Abdallah Shangarai, ha disposto la chiusura per una settimana di tutte le scuole primarie e secondarie nelle località di Port Sudan, Suakin e Sinkat nello stato del Mar Rosso. E’ stato inoltre disposto un maggiore distanziamento sociale in spazi come moschee e chiese, con la riduzione dei sermoni del venerdì. Le autorità hanno annunciato l’obbligo dell’uso delle mascherine, la disinfezione e il distanziamento sociale nelle istituzioni statali, nelle scuole, nei trasporti pubblici e in tutti i luoghi di raduno soggetti a sovraffollamento del Paese.
Come si evince dalla nota pervenuta all’Agenzia Fides, il vicedirettore del comitato per le emergenze sanitarie, Montasir Osman, ha affermato che, ad oggi, il numero totale di infezioni da COVID-19 registrate è salito a 30.211 e 2.079 pazienti sono morti. Siddig Tawir membro del Sovereignty Council e presidente del Comitato per le emergenze sanitarie, ha definito la situazione sanitaria allarmante per tutti. Nel corso di una conferenza stampa tenuta a Kartoum ha spiegato che il numero di morti registrati finora è significativo e gli ospedali iniziano ad essere sovraccarichi di pazienti contagiati dal COVID-19.
Il Sudan è stato il primo paese della regione del Medio Oriente e del Nord Africa a ricevere vaccini tramite la COVAX Facility, una coalizione co-guidata dall'Organizzazione mondiale della sanità . Più di un milione di dosi del vaccino sono state fornite dalla Cina e dall’OMS. Finora sono state vaccinate oltre 5.000 persone.

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AMERICA - Jesuit Refugee Service: America Latina e Caraibi le zone più colpite al mondo dalla pandemia

Fides IT - www.fides.org - jeu, 08/04/2021 - 09:37
Bogotà - America Latina e Caraibi sono la regione più colpita al mondo dalla pandemia di Covid-19, con il 28% di morti, nonostante la sua popolazione rappreenti l’8,4% della popolazione mondiale. Questa drammatia constatazione apre l’ultimo rapporto regionale del Jesuit Refugee Service di America latina e Caraibi.
I paesi del continente “affrontano sfide sotto vari aspetti per controllare la pandemia” prosegue la nota pervenuta a Fides, che sottolinea come la propagazione del Covid ed i suoi effetti economici e sociali si siano aggravati per i problemi strutturali della regione, come gli elevati livelli di disuguaglianza, lavoro informale, mancanza di protezione sociale, povertà e vulnerabilità. Inoltre i sistemi sanitari e di protezione sociale sono deboli e frammantati, e gli insediamenti urbani emarginati in espansione, sono privi di accesso ai servizi di base. A tutto questo si aggiungono "imponenti flussi migratori e gli sfollamenti della popolazione, nonché conflitti di vario genere e le conseguenze della crisi climatica".
Il rapporto cita in particolare l'esodo venezuelano che "è il più grande della storia recente e una delle più grandi crisi globali di sfollamenti forzati al mondo, dopo la Siria. A ciò si aggiungono le centinaia di migliaia di centroamericani che continuano a fuggire dai loro paesi a causa della violenza, delle violazioni dei diritti umani e del deterioramento delle condizioni di sicurezza". Il numero degli sfollamenti forzati “è quadruplicato nell'ultimo decennio” e a causa della crisi umanitaria generata dalla pandemia, i migranti forzati e i rifugiati venezuelani e centroamericani sono stati doppiamente colpiti.
Per quanto riguarda i piani vaccinali attuati in diversi Paesi della regione, "la differenza nella domanda e nella disponibilità di vaccini è evidente in base ai livelli di reddito dei Paesi, nonché nella pianificazione e nel buon uso delle risorse". In generale i piani di vaccinazione contro il Covid-19 nella regione escludono i migranti che si trovano in situazione irregolare, che dovrebbero essere riconsiderati includendoli su un piano di parità e senza discriminazioni". I primi paesi ad avviare i piani di vaccinazione sono stati nell’ordine Cile, Messico, Argentina seguiti da Ecuador , Venezuela e Colombia /20 febbraio). Il rapporto presenta quindi una scheda sintetica sulla situazione delle vaccinazioni nei paesi in cui sono presenti le sedi del JRS: Ecuador, Colombia, Messico.
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ASIA/MYANMAR - Conforto alle vittime della violenza e aiuti agli sfollati: la missione delle suore di san Giuseppe

Fides IT - www.fides.org - mer, 07/04/2021 - 12:45
Mandalay - Una Pasqua di solidarietà, prossimità e conforto umano e spirituale è quella vissuta dalla suore di S. Giuseppe dell'Apparizione a Mandalay. Nei giorni scorsi le suore si sono recate a visitare e confortare la famiglia di Ko Zaw Ko Latt, 18enne che viveva a Sein Pan, nei pressi di Mandalay, ucciso durante una manifestazione di protesta il 4 aprile. Invocando pace e giustizia per il Myanmar, le suore hanno portato conforto spirituale e si sono fermate in preghiera con la famiglia. In una situazione di grave tensione sociale e di povertà diffusa, le religiose cattoliche continuano a incarnare il messaggio evangelico di prossimità ai bisognosi, alle famiglie in stato di necessità, alle persone che hanno avuto i loro cari uccisi nell'ondata di repressione messa in atto dall'esercito birmano.
Le religiose hanno inoltre visitato e portato conforto e aiuti materiali a 150 famiglie di vittime di incendi e colpite in diversi modi dalla situazione di protesta generalizzata e dalla repressione in corso. Visitando le famiglie, le suore hanno donato medicine, teloni e coperte, aiuti umanitari ricevuti da donatori che hanno scelto le suore per fare beneficenza. A Mandalay, infatti, un grave e vasto incendio è scoppiato, per cause sconosciute, il 1° aprile, alle 5 del mattino, ha distrutto 90 case, colpendo 150 famiglie e lasciando nel complesso oltre 500 persone sfollate, senza casa. Gli sfollati hanno allestito un campo temporaneo per le vittime nella pianura del monastero buddista di Myatbayet, con tende improvvisate. Molte persone di buona volontà di Mandalay sono venute e hanno donato loro i beni di prima necessità alle vittime.
Come riferiscono le religiose, le autorità militari non hanno proibito o limitato le loro opera di beneficenza e dunque la loro opera di carattere umanitario e solidale potrà continuare, proseguendo nell'assistenza alle famiglie sfollate.
Le Suore di San Giuseppe dell'Apparizione sono un istituto religioso femminile di diritto pontificio, fondato in Francia da Emilia de Vialar . Le religiose si dedicano a opere educative, sanitarie, pastorali. In Asia sono presenti in Myanmar Birmania, Filippine, India, Thailandia.
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EUROPA/RUSSIA - Metropolita Hilarion: la Chiesa russa non modificherà il suo modo di stabilire la data di Pasqua

Fides IT - www.fides.org - mer, 07/04/2021 - 12:10
Mosca – L’eventuale introduzione di una variazione del calendario liturgico per consentire a tutti i cristiani del mondo di celebrare la Santa Pasqua nel medesimo giorno “non è nell'agenda della Chiesa ortodossa, o almeno non è nell'agenda della Chiesa ortodossa russa”, e in ogni caso gli ortodossi russi non hanno “alcuna intenzione” di modificare il sistema tradizionale con cui nella loro Chiesa viene fissata la data per la celebrazione pasquale. Lo ha affermato nel corso di una recente intervista televisiva, il metropolita Hilarion di Volokolamsk, Presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca. La dichiarazione dell’autorevole esponente del Patriarcato di Mosca hanno l’effetto di bloccare sul nascere i tentativi più recenti di riaprire il confronto su una questione che continua a rappresentare un emblema dolente delle lacerazioni storiche e della mancanza di piena comunione sacramentale tra la Chiesa cattolica e molte Chiese orientali. In molte aree del mondo, a partire dal Medio Oriente, lo spettacolo delle “Pasque divise”, celebrate in giorni diversi dai cristiani, finisce per fare da velo alla loro comune confessione del nome di Cristo. Quest'anno, la celebrazione della Pasqua per le Chiese orientali che seguono il cosiddetto Calendario giuliano è fissata per il 2 maggio.
L’ultimo che ha provato a rilanciare la speranza di vedere prima o poi tutti i cristiani celebrare nello stesso giorno la resurrezione del Signore è stato l'Arcivescovo ortodosso Job di Telmessos, appartenente al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, co-Presidente della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. In un editoriale pubblicato nel numero di febbraio 2021 del bollettino della Delegazione permanente del Patriarcato ecumenico al Consiglio ecumenico delle Chiese . L'Arcivescovo Job aveva ricordato la regola stabilita al Concilio di Nicea secondo cui la Pasqua va celebrata la prima domenica successiva al primo plenilunio di primavera. Nel 2025 si celebreranno 1700 anni da quel Concilio della Chiesa indivisa, e proprio in quell’anno, per provvidenziale coincidenza nelle diverse modalità di calcolo, i cristiani di tutto il mondo celebreranno la Pasqua nello stesso giorno.
“Forse” aggiungeva Job nel suo testo “la celebrazione del 1700esimo anniversario del Concilio di Nicea nel 2025 potrebbe diventare una buona occasione per richiamare i cristiani alla necessità di una riforma del calendario per definire una data comune di Pasqua e rimanere davvero fedeli alle disposizioni del primo Concilio ecumenico. Il fatto che la data orientale e quella occidentale della Pasqua coincidano in quell'anno dovrebbe essere preso come un incoraggiamento verso quella direzione”. La prospettiva suggerita dall’arcivescovo Job era stata accolta e rilanciata a stretto giro dal cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, in alcune dichiarazioni pubblicate dall’agenzia online cath.ch.
Adesso, l’intervento frenante del metropolita ortodosso russo Hilarion ha preso spunto proprio dalle dichiarazioni dell’Arcivescovo Job di Telmessios per rendere nota l’indisponibilità della Chiesa ortodossa russa a modificare le modalità di calcolo con cui si stabilisce la data della Pasqua. Intervistato da una rete televisiva russa, il Metropolita Hilarion ha ricodato che la questione delle differenti date di celebrazione della Pasqua cristiana riaffiora periodicamente nel dibattito ecumenico degli ultimi decenni. “Ma qui” ha tagliato corto il Metropolita russo “abbiamo a che fare con una domanda molto semplice: chi dovrebbe cambiare la propria data di Pasqua? Noi, ad esempio, non abbiamo alcuna intenzione di cambiare la nostra”. Hilarion ha fatto notare che la questione della data di celebrazione della Pasqua è legata alla necessità di adottare il cosiddetto Calendario gregoriano, al posto del cosiddetto Calendario giuliano ancora utilizzato dalla Chiesa dell’Ortodossia bizantina e slava per stabilire il giorno di celebrazione della Pasqua. “Di tanto in tanto” ha sottolineato Hilarion “si possono sentire voci a favore dell'allineamento del nostro calendario liturgico con il calendario secolare. Una volta che tale tentativo è stato fatto nella Chiesa russa negli anni '20, quando il Patriarca Tikhon ha emesso una direttiva sull'adozione del Calendario gregoriano, ma due settimane dopo quella direttiva fu annullata, per il semplice motivo che fu respinta dal popolo dei fedeli”.
Negli ultimi anni, segnali di intesa intorno al proposito di superare le “Pasque divise” dei cristiani, soprattutto in Medio Oriente e nei Paesi arabi, si sono registrati soprattutto tra la Chiesa copta ortodossa e la Chiesa cattolica. Il Patriarca copto Tawadros II ha espresso la sollecitazione a unificare la data di celebrazione della Pasqua già in una lettera inviata nel maggio 2014 a Papa Francesco, in occasione del primo anniversario del loro primo incontro in Vaticano. Nel maggio 2015, durante una sua visita in Olanda, il Primate della Chiesa aggiunse che l’ipotesi “di lavoro” da cui partire è quella di fissare per tutti i cristiani la celebrazione della Resurrezione di Cristo «alla terza domenica di aprile».
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AMERICA/BRASILE - Due Corsi online di formazione missionaria: “Formazione per la missione” e “Fonti bibliche per la Missione”

Fides IT - www.fides.org - mer, 07/04/2021 - 11:28
Brasilia - Sono aperte le iscrizioni a due corsi online organizzati dal Centro Culturale Missionario della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile dedicati alla formazione per la Missione e alle fonti bibliche. Secondo la nota pervenuta a Fides, i corsi si terranno nel mese di aprile e sono rivolti a sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, seminaristi e operatori pastorali di tutto il Brasile.
Come ricorda il Vescovo di Chapecó e Presidente della Commissione Episcopale Pastorale per l'Azione Missionaria e la Cooperazione Inter-ecclesiale della CNBB, Mons. Odelie Magri, che è anche Vicepresidente del CCM, la formazione è tra le priorità del Programma Missionario Nazionale, e quindi “urgente e necessaria”. Fino all'inizio del 2020 i corsi erano in presenza, ma l'arrivo della pandemia di coronavirus ha reso necessario cercare altre vie di formazione missionaria per raggiungere diocesi, parrocchie e le comunità più lontane. Così il CCM ha organizzato corsi di formazione online.
Dal 19 al 22 aprile si terrà il corso “Formazione alla Missione”, che vuole offrire ai partecipanti una buona conoscenza del Programma Missionario Nazionale 2019-2023 e una riflessione sui suoi contenuti. Di conseguenza intende favorire la crescita della coscienza missionaria, motivando I partecipanti ad essere operatori attivi nel processo di conversione pastorale e a concretizzare il Programma negli ambienti in cui operano. Dal 26 al 30 aprile è in programma il secondo corso sul tema “Fonti bibliche della Missione” che si propone di fornire ai partecipanti una visione sintetica e globale della figura del missionario nell'Antico e nel Nuovo Testamento.

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AFRICA/SUDAN - La crisi economica e sociale alimenta malcontento e povertà

Fides IT - www.fides.org - mer, 07/04/2021 - 11:22
Khartoum - Il Sudan sta vivendo una delicata situazione di transizione. La situazione economica è molto difficile: i sussidi su benzina e farina sono stati tagliati, i prezzi salgono e la lira sudanese perde continuamente valore. La gente fa fatica a tirare avanti. Anche sotto il profilo politico e internazionale gravano grandi incertezze. È questo il quadro tracciato da fonti missionarie interpellate dall'Agenzia Fides a Khartoum. “In novembre un euro valeva 270 lire egiziane. Oggi ne vale 475 - osservano le fonti -. Questo ha portato a un'impennata dell'inflazione. Ciò, unito all'abolizione dei prezzi sussidiati di carburanti e pane, ha creato una miscela esplosiva. Nelle scorse settimane la gente è scesa per strada per manifestare contro il carovita. Manifestazioni che sono state duramente represse, ma la gente è sempre più povera”.
Dopo la caduta di Omar al-Bashir, i sudanesi speravano in una veloce ripresa dell’economia e in una maggiore stabilità. Ma ciò non è avvenuto. “Chi conosce la storia e il sistema economico sudanese - proseguono le fonti di Fides - sapeva che era impossibile una ripresa immediata. Anche perché il governo controlla solo il 12% delle risorse nazionali”.
Il resto è nelle mani delle forze armate. Il sistema economico sudanese è molto simile a quello egiziano. I militari sono proprietari di terreni agricoli, industrie, società di servizi ma i risultati di questa gestione non stanno portando verso una direzione di crescita. La profonda crisi economica si inserisce in un contesto politico nazionale e internazionale non semplice.
Dopo anni si sono registrati nuovi incidenti in Darfur. Gli scontri, che si sono riaccesi nel fine settimana di Pasqua, hanno provocato decine di morti e migliaia tra profughi e rifugiati in Stati confinanti. Ad affrontarsi membri di tribù di etnia africana con altri di etnia araba. Sullo sfondo la lotta tra allevatori nomadi e agricoltori per l'acqua e i pascoli. A questa crisi si aggiunge quella con l'Etiopia per antiche dispute di confine. “Nella disputa con l'Etiopia - osservano le fonti - si intrecciano interessi diversi. C'è sì una questione di confini, ma ci sono anche le diatribe legate al mancato accordo sulla Grande diga del millennio costruita dall'Etiopia sul Nilo Azzurro , ci sono gli appetiti sulle risorse locali . Ci si chiede, poi, quale ruolo giochi l'Egitto. Il Cairo ha tutto l'interesse a mandare avanti Khartoum per destabilizzare l'Etiopia. Ma il Sudan quali vantaggi ne trae? Una guerra aperta non è ipotizzabile, ma una guerra a bassa intensità non è impossibile e, certamente, non è meno dannosa e pericolosa di un conflitto tradizionale”.
La situazione politica ed economica è delicata. C'è chi teme un possibile golpe. “La situazione potrebbe favorire l'ascesa di un uomo forte - concludono le fonti -. Alcuni leader politici hanno già fatto discorsi al limite della legalità costituzionale. Detto questo, la società civile, in particolare gli studenti e i rappresentanti delle professioni, hanno sviluppato una forte coscienza democratica. Non credo che accetterebbero di buon grado un colpo di Stato. I cittadini continuano a battersi per uno sviluppo armonico del Paese e per una politica che guardi al bene comune e non agli interessi particolari e personali dei singoli politici”.
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AFRICA/ETIOPIA - Nuovo appello congiunto a deporre le armi e porre fine alla violenza in Tigray

Fides IT - www.fides.org - mer, 07/04/2021 - 10:52
Addis Abeba - “Con effetto immediato le forze di difesa nazionali etiopi si assumeranno la responsabilità della sicurezza delle frontiere”: cita queste parole del Primo Ministro etiope Abiy Ahmed, il recente rapporto reso noto dall’Europe External Programme with Africa dello scorso 26 marzo, in merito al ritiro delle truppe eritree dal Tigray. Lo stesso Abiy aveva dichiarato che “la giunta che avevamo eliminato in tre settimane si è ora trasformata in una forza di guerriglia, si è mescolata agli agricoltori e ha iniziato a spostarsi da un posto all’altro.Ora non siamo in grado di eliminarlo entro tre mesi”.
Nel documento dell’EEPA, centro specializzato su questioni che riguardano la costruzione della pace, la tutela dei rifugiati e la resilienza nel Corno d'Africa, diffuso lo scorso 26 marzo, Abiy ha dichiarato che l'Eritrea ha accettato di ritirare le sue truppe dal Tigray a seguito del prolungato conflitto tra il governo federale dell'Etiopia e lo Stato del Tigray guidato dal partito politico del Tigray People's Liberation Front .
Nella nota pervenuta all’Agenzia Fides si evince che, secondo l’EEPA, entrambi i paesi “hanno raggiunto un accordo, basato su uno spirito di fiducia reciproca, per continuare a rafforzare le relazioni bilaterali e aumentare la cooperazione economica ove possibile”.
Dall’inizio delle ostilità, il 4 novembre 2020, la popolazione tigrina ha vissuto una crisi umanitaria senza precedenti e “tutti, inclusi i rifugiati eritrei, hanno esaurito il cibo, le medicine di base salvavita, l'acqua, non hanno accesso a servizi essenziali e sanitari” come lo stesso Vescovo dell’eparchia cattolica di Adigrat, mons. Tesfassilasie Medhin, aveva dichiarato . Secondo fonti locali la regione è sull’ orlo della carestia, muoiono di stenti e di fame ogni giorno da 50 a 100 persone, mentre la crisi e gli scontri a fuoco si intensificano anche oltre i confini regionali tigrini.
Ad oggi sono tanti i paesi e le organizzazioni, tra cui la leadership del Simposio delle Conferenze episcopali in Africa e Madagascar , membri della Conferenza episcopale cattolica etiope , i Presuli dell'Associazione delle Conferenze episcopali membri dell'Africa orientale , i Missionari della Consolata e Pax Christi International, che hanno fatto appello per un dialogo pacifico chiedendo alle parti coinvolte nella regione dell'Etiopia settentrionale devastata dalla guerra di porre fine alla violenza e deporre le armi.

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AFRICA/CONGO R.D. - Liberare bambini e ragazzi dalla moderna schiavitù: premiate le suore del Buon Pastore

Fides IT - www.fides.org - mer, 07/04/2021 - 10:51
Kinshasa - "Vincere lo Stop Slavery Hero Award, oltre ad essere un importante riconoscimento del nostro lavoro quotidiano nelle comunità minerarie nella Repubblica Democratica del Congo per eliminare il lavoro minorile - proprio nell’Anno Internazionale per l'Eliminazione del Lavoro Minorile - ci offre l'opportunità di fare luce sulle violazioni dei diritti umani e sul lavoro forzato nella filiera del cobalto”: lo dice all’Agenzia Fides Suor Jane Wainoi Kabui, direttrice del programma, riferendo dell’assegnazione dello Stop Slavery Hero Award 2021 a “Bon Pasteur Kolwezi”, il programma sostenuto dalla Good Shepherd International Foundation, organizzazione no profit costituita nel 2008 dalla Congregazione delle Suore del Buon Pastore, presente in 73 paesi nel mondo, per sostenere i progetti di cooperazione e sviluppo in Africa, Asia e America Latina.
Lo “Stop Slavery Award” è un riconoscimento annuale offerto dalla Thomson Reuters Foundation che inizialmente premiava le aziende promotrici di misure e pratiche atte a eliminare il lavoro forzato dalle loro filiere di approvvigionamento. Oggi ha allargato il suo interesse a tutte quelle Ong e realtà che sul campo contrastano le forme di schiavitù moderna che colpisce 40 milioni di persone nel mondo. “La schiavitù moderna – ha ripreso la religiosa - è reale e dilagante, anche nel settore minerario. In questo periodo in cui la schiavitù assume forme meno conosciute per nascondere i suoi artigli e mimetizzarsi sotto un nuovo abito, i bambini, le ragazze e le donne sono coloro che hanno bisogno più che mai di sostegno, per liberarsi dalle catene che impediscono loro di accedere ai diritti più basilari”.
Bon Pasteur Kolwezi, con il supporto della Good Shepherd International Foundation, lavora con successo dal 2013 per eliminare le più gravi forme di lavoro minorile che colpiscono le comunità minerarie artigianali del cobalto nella provincia di Lualaba, nella Repubblica Democratica del Congo, integrando diritti umani e sviluppo comunitario, per migliorare le condizioni di vita di migliaia di congolesi a Kolwezi.
Negli ultimi otto anni, Bon Pasteur Kolwezi e Good Shepherd International Foundation hanno ottenuto importanti risultati, attraverso un modello multidimensionale che comprende educazione e protezione dei bambini, opportunità economiche alternative per il sostentamento delle famiglie protezione sociale e difesa dei diritti delle comunità. Tra questi si segnalano 9.000 bambini, donne e ragazze di 8 comunità minerarie artigianali di Kolwezi che hanno trovato voce e dignità, più di 3000 bambini sottratti alla dura vita delle miniere che ora frequentano la scuola, oltre un migliaio tra ragazze e donne che hanno avviato un'attività agricola o ottenuto competenze e capacità per accedere a lavori dignitosi.
Aggiunge Nicodème Kahilu, direttore del programma di monitoraggio e valutazione di Bon Pasteur: “La nostra missione per costruire speranza pace e giustizia in queste comunità del Congo continua. Non c'è futuro se i bambini sono costretti a lavorare per provvedere alle loro famiglie colpite dalla povertà estrema, quando vengono sfruttati in lavori pericolosi nelle miniere di cobalto semplicemente perché il lavoro dei bambini è il lavoro più economico e permette alle compagnie minerarie e alle aziende del settore elettronico e automobilistico di realizzare profitti da questo sistema di approvvigionamento. Vedere centinaia di bambini scavare, frantumare, lavare, smistare, impilare, caricare e trasportare minerali per pochi centesimi mette in discussione la stessa nostra società e un modello di sviluppo che è incapace di proteggerli, mentre li si priva della loro infanzia. Noi di Pasteur Kolwezi crediamo fermamente che comunque un cambiamento sia possibile. La lotta contro la schiavitù moderna è efficace quando l'impegno a lungo termine dell'industria mineraria e delle aziende della filiera delle batterie per sostenere lo sviluppo delle comunità è combinato con programmi sociali che proteggano le vittime di sfruttamento e quando l'applicazione delle leggi e dei regolamenti da parte delle istituzioni e del governo diventa l’azione prioritaria per porre fine al lavoro minorile e ridurre le violazioni dei diritti umani in tutte le catene di approvvigionamento.”

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AMERICA/PERU’ - Appello dei Vescovi alle autorità, ai partiti e ai cittadini per le elezioni dell’11 aprile

Fides IT - www.fides.org - mer, 07/04/2021 - 10:41
Lima - “Negli ultimi cinque anni, la democrazia peruviana è stata seriamente colpita dall'avere avuto quattro presidenti e due congressi diversi, che non hanno permesso al nostro paese di muoversi verso lo sviluppo integrale e il consolidamento della nostra istituzionalità democratica, per non parlare di affrontare efficacemente la pandemia che sta causando molta sofferenza nella nostra popolazione”. Lo ricorda la Presidenza della Conferenza Episcopale Peruviana in un suo messaggio del 5 aprile pubblicato in vista delle elezioni di domenica prossima, 11 aprile, con cui ancora una volta si rivolge alle autorità, ai partiti e ai cittadini peruviani .
Citando Papa Francesco che sottolinea la necessità di una “politica con etica”, i Vescovi peruviani ricordano che “la buona politica deve orientarsi al bene comune”, occupandosi delle persone vulnerabili, cercando il dialogo, la giustizia, la riconciliazione, il servizio al prossimo, garantendo I diritti fondamentali della persona.
Alle autorità quindi chiedono di garantire il processo elettorale “con imparzialità, indipendenza e trasparenza” e facciano conoscere i risultati ufficiali celermente e con certezza, per evitare dubbi e confusione, al fine di mantenere la stabilità del paese. I partiti politici sono invitati a “rispettare le norme elettorali e gli impegni etici assunti, come i risultati ufficiali”. Dal momento che le elezioni si svolgono nel contesto della pandemia, occorre trasmettere tranquillità e promuovere la tolleranza agli elettori.
Infine, rivolgendosi ai cittadini, i Vescovi li esortano ad esercitare “il loro diritto e dovere democratico con responsabilità, perchè il future del paese è nelle nostre mani” ed a rispettare i protocolli di sicurezza sanitaria stabiliti, in quanto “la pandemia non deve impedire che la popolazione eserciti il suo diritto ad eleggere i propri rappresentanti in modo libero, trasparente e responsabile”.
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ASIA - Le Chiese impegnate per proteggere il diritto all'acqua potabile e il suo legame con la dignità umana

Fides IT - www.fides.org - mer, 07/04/2021 - 10:25
Chiang Mai - Le Chiese cristiane in Asia, insieme ad altre organizzazioni religiose e movimenti della società civile, giocano un ruolo importante nella sensibilizzazione sulla crisi idrica globale. Come affermato nel webinar "Accesso ridotto all'acqua sicura in Asia: sfide alla sicurezza umana" organizzato di recente dalla Conferenza cristiana dell'Asia , rete interconfessionale con sede in Thailandia, i fedeli cristiani in Asia, di tutte le confessioni, sono consapevoli della necessità di difendere il diritto all'acqua per tutti. Gli esperti intervenuti hanno rimarcato l'esigenza di "una vera riforma e una governance democratica sul tema della conservazione dell'acqua e dell'inquinamento", ha affermato Mathews George Chunakara, Segretario generale della CCA.
In Asia, i problemi legati all'acqua sono diventati sempre più acuti con implicazioni preoccupanti. Le minacce del cambiamento climatico, l'urbanizzazione rapida e lo sviluppo non pianificato hanno posto un forte accento sulle risorse idriche del continente. In tempi recenti, la scarsità d'acqua ha innescato una riduzione della produzione alimentare, blocchi della catena di approvvigionamento, perdita di terra e mezzi di sussistenza, migrazioni su larga scala e persino esacerbate tensioni economiche e geopolitiche.
Chunakara ha detto: “L'acqua è l'essenza della vita e l'acqua potabile è indispensabile per sostenere la vita e la salute. Il diritto all'acqua non può essere interpretato in una prospettiva astratta ma deve essere fondato nel quadro della sicurezza umana. La sicurezza umana è fondamentalmente libertà dalla paura e libertà dal bisogno, e la sua interrelazione con il diritto all'acqua è significativa ed evidente". "Il diritto di accesso all'acqua, che implica acqua sufficiente, sicura, accessibile e conveniente per uso personale e domestico, è oggi motivo di crescente preoccupazione in diverse aree regionali dell'Asia", ha aggiunto.
Come ha detto Evariste Kouassi-Komlan, Consigliere regionale per acqua, servizi igienico-sanitari e igiene presso l'Ufficio regionale dell'UNICEF per l'Asia orientale e il Pacifico, esiste un divario urbano-rurale nell'accesso all'acqua: “La gestione delle acque reflue è un collo di bottiglia nello sviluppo sostenibile della regione e questo ha enormi impatti in termini di salute. È anche una sfida importante garantire una maggiore quantità e qualità dell'acqua nelle aree rurali, poiché sono disponibili scarsi sistemi di acque reflue nelle aree remote". Il funzionario dell'UNICEF ha auspicato una governance dell'acqua come sistema di gestione rivoluzionario e interregionale; l'innovazione per migliorare l'efficienza dell'uso dell'acqua e la sua riutilizzabilità; maggiore disponibilità di informazioni sui dati e condivisione delle risorse.
Ansye Sopacua, consulente tecnico degli obiettivi di sviluppo sostenibile per il Fondo Onu per lo Sviluppo Umano in Indonesia, ha evidenziato le questioni specifiche che ostacolano l'accesso all'acqua sicuro e adeguato in Asia. L'esperto ha articolato il diritto all'acqua in tre componenti: il fabbisogno individuale di acqua è in media di 50-100 litri al giorno; le fonti d'acqua dovevano trovarsi entro 1000 metri dalla propria residenza; la spesa di una famiglia per l'acqua non doveva essere superiore al tre per cento del reddito. La mancanza di infrastrutture affidabili, la mancanza di fondi e finanziamenti e problemi di cattiva gestione finanziaria hanno contribuito a ridurre l'accesso all'acqua potabile. A volte l'acqua è disponibile ma non sicura o non accessibile .
Kongmeng Ly, responsabile della qualità dell'acqua della Commissione del fiume Mekong , agenzia intergovernativa nella regione del Mekong, nel Sudest asiatico, ha fornito esempi di cooperazione transfrontaliera sulle risorse idriche condivise. I paesi membri del bacino del Mekong inferiore hanno stabilito congiuntamente molte procedure sull'uso dell'acqua e sulla protezione delle risorse del fiume, come la cooperazione nel monitoraggio della qualità dell'acqua. La Commissione fornisce valutazioni mensili sulla qualità e quantità dell'acqua, che hanno contribuito a indirizzare i progetti di sviluppo in tutto il bacino.
David Das, rappresentante per l'Asia presso l'International Reference Group dell'Ecumenical Water Network, ospitato dal World Council of Churches, ha rimarcato: "L'acqua è ormai diventata una merce di scambio complessa come l'oro e il petrolio. Le chiese devono dare la priorità a programmi urgenti e pertinenti e collaborare con con vari gruppi della socità civile per una soluzione alla crisi idrica. Spetta ai gruppi religiosi rispondere a diverse domande urgenti riguardanti la sostenibilità deei nostri attuali stili di vita per il futuro".
La CCA ha incoraggiato tutte le comunità a lavorare per il benessere e la prosperità della creazione di Dio, impegnandosi in una missione profetica, sostenendo con coraggio il diritto all'acqua. Le Chiese asiatiche, si è detto, sono chiamate a una testimonianza profetica nella lotta per l'uguaglianza e la giustizia.
Tra le iniziative concrete suggerite alle Chiese in Asia, vi è quella di sviluppare programmi di studio specifici in una "Scuola Domenicale sull'acqua e la cura del creato", sottolineando le prospettive biblico-teologiche sull'importanza della conservazione dell'acqua. Le Chiese, disponendo di reti estese e capillari di persone, possono contribuire a diffondere informazioni sull'importanza dell'acqua e sui suoi legami con la dignità umana.
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AFRICA/TANZANIA - Nomina del Vescovo di Bunda

Fides IT - www.fides.org - mer, 07/04/2021 - 09:00
Città del Vaticano – Il Santo Padre Francesco il 6 aprile ha nominato Vescovo della Diocesi di Bunda il rev.do Simon Chibuga Masondole del clero della medesima sede, finora Amministratore Parrocchiale, Direttore della St. Francis of Assisi Nursery & Primary School e Presidente della Priests’ Union a Bunda.
S.E. Mons. Simon Chibuga Masondole è nato il 2 ottobre 1972 a Bukiko-Ukerewe. Ha studiato all’Our Lady of the Angels Major Seminary di Kibosho, Diocesi di Moshi e presso il St. Charles Lwanga Major Seminary di Segerea, Arcidiocesi Metropolitana di Dar-es-Salaam . È stato ordinato presbitero il 2 luglio 2006.
Dopo l’ordinazione ha ricoperto i seguenti incarichi: Assistente Parrocchiale presso la Kahangala Parish a Mwanza ; Vice-Direttore dell’Ufficio Diocesano per la Liturgia a Mwanza e Assistente Parrocchiale presso la Nansio Parish a Bunda . Ha studiato Liturgia presso l’Istituto di Liturgia Pastorale Santa Giustina a Padova, Italia ed è stato Assistente Parrocchiale a Conselve . Ha studiato a Roma presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo e ha prestato servizio pastorale in Parrocchia presso la Diocesi di Tortona-Italia . Dal 2018 finora è stato Amministratore Parrocchiale, Direttore della St. Francis of Assisi Nursery & Primary School e Presidente della Priests’ Union a Bunda.
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